VIOLENZA VERBALE

di Ida Vanacore e Lucia Attolico
Avete letto “l’Amica geniale” di Elena Ferrante? E’ una quadrilogia. Io qualche anno fa ho divorato i libri di notte, nelle mie uniche ore a disposizione, togliendole al sonno. Il primo libro è ambientato nel secondo dopoguerra in un rione di Napoli. E’ la storia di due amiche, la cui amicizia nasce da bambine.
Mi ha colpita la descrizione del rione: le urla, l’aggressività, i toni sempre alti, gli sfottò. In qualche modo mi appartenevano, li conoscevo bene.
La mia infanzia è stata in parte segnata dal rapporto con alcuni famigliari, persone cariche di odio, con una rabbia interiore difficile da comprendere e dunque spiegare. Ricordo in particolare le vigilie di Natale da bambina come un tormento, il cenone si svolgeva sempre con toni altissimi, seguivano poi frasi denigratorie, all’ordine del giorno, e litigi. Ed ecco il mio rione!
Io avevo un nucleo famigliare che compensava a tutto questo, ma ero comunque una bambina di fronte ad adulti rabbiosi.
Solo divenuta grande sono riuscita in qualche modo ad allontanarmi da tali persone e mai scelta è stata più proficua, sono seguiti infatti anni di serenità ed ora amo persino il Natale.
Ancora oggi però i toni alti mi mettono a disagio e, per quanto sia divenuta abilissima nelle discussioni, non amo inserirmi in baruffe.
Fatta questa premessa, quando ho deciso di creare questo blog magazine, uno degli articoli che avevo nella testa era proprio relativo alla violenza verbale.
Non sapevo ancora che a questo mio progetto avrebbe collaborato una psicologa e psicoterapeuta di indiscutibile bravura e professionalità come Lucia Attolico.
Dunque, forte, e soprattutto felice, di questa collaborazione, ho pensato di trattare questo delicato argomento ponendole alcune domande.
Cosa si intende per violenza verbale? Dai casi più quotidiani a quelli più estremi
La violenza psicologica e verbale consiste in attacchi diretti a colpire la dignità della persona. Si tratta di una mancanza di rispetto e di riconoscimento per quello che è, una “persona”, appunto. Quando si lancia a qualcuno un giudizio negativo – “Sei stupido/idiota/deficiente…” – o quando si profetizza il futuro di qualcuno in modo negativo – “Tu non potrai mai essere/fare/diventare … qualcuno o qualcosa di positivo” – oppure quando si interpreta negativamente il comportamento di qualcuno (come se si conoscesse con certezza assoluta il pensiero dell’altro) – “Ti comporti/dici così perché vuoi essere sempre il primo della classe”, si manca di rispetto alla persona.
Una volta ho ascoltato una donna dire a un adolescente di circa 15 anni: “Tanto tu non sarai mai capace di far nulla di buono nella vita”. Ho sentito più di un insegnante dire al proprio allievo: “Questa materia non fa per te”.
I casi più estremi si riferiscono non soltanto al lancio di parole più pesanti di queste, ma, soprattutto, alla elevata frequenza con la quale vengono ribadite poiché la ripetizione resta “in memoria” e va a formare una convinzione. Più un bambino è sottoposto a tale condizionamento, più le radici di giudizi e interpretazioni negative, saranno profonde.
Quali sono gli effetti di ciò sui bambini?
Se ciò accade quotidianamente il bambino sarà portato a costruire un’identità di sé basata sul giudizio negativo. Potrà strutturare una personalità conforme a quel giudizio e, a seconda del tipo di quest’ultimo, diventerà aggressivo o troppo vivace o distruttivo o indifferente al mondo e agli affetti… Potrà chiudersi in se stesso sentendosi poco accettato, inadeguato, diverso dagli altri; potrà diventare sempre più insicuro man mano che la percezione del senso delle proprie capacità e della propria stima di sé si abbasserà per effetto del giudizio negativo. Queste, sono vere e proprie reazioni ad una violenza verbale reiterata.
Tra i due estremi citati, ovviamente, vi sono infinite sfumature.
Come porre rimedio?
Siamo abituati a rilevare, evidenziare, estrarre dagli altri le caratteristiche meno positive perché convinti che i piccoli possano comprendere e cambiare immediatamente atteggiamento. Mentre è molto più proficuo puntare su ciò che i bimbi hanno e fanno di buono. Attenzione, non sto dicendo che dobbiamo dire bugie al posto della verità (ad esempio: “Sei bello/bravo/buono” al posto del contrario), semplicemente dobbiamo puntare sulle capacità che l’altro ha mostrato – questo comporta l’osservare nostro figlio e sapere che ne è provvisto.
Porto un esempio parlando di un ipotetico figlio di 8 anni, Giorgio, il quale ha la passione per il calcio ma non sa (ancora) tirare la palla in porta. Quando lo fa,spesso, quella si ferma in uno degli angoli del campo di calcio. Dirgli: “Peccato, c’eri vicino”, è una menzogna, perché non è assolutamente vero! Nemmeno gli si può dire: “Però, dai, l’hai calciata bene la palla, è lei che è voluta andare nel posto sbagliato”, perché anche questo non è sensato, il bambino creerebbe una visione errata di se stesso del tipo “Sono bravo, sono gli eventi a non esserlo”.
Nemmeno gli si può dire: “Sei un deficiente, non hai visto che la porta è a chilometri di distanza?” oppure “Non sei buono nemmeno a tirare un calcio ad una palla”, poiché questo potrebbe annientare i caratteri più o meno sensibili (se tali asserzioni sono ripetute potrebbero assumere l’aspetto di una vera e propria violenza verbale soprattutto in relazione al tono con il quale vengono fatte).
Gli si può dire: “Sì, non hai centrato l’obiettivo. Coraggio, Giorgio, a forza di provare ad allenarti, prima o poi ci riuscirai”, poiché questo darebbe più energia al desiderio di volercela fare.
Sostanzialmente, quindi è meglio incoraggiare, bambini e adulti, soprattutto di fronte agli insuccessi.
Quali sono, pertanto,i benefici di una educazione positiva?
Come dicevo prima, l’abitudine a evidenziare il lato negativo delle cose tende a occultare ciò che di buono c’è nell’altro. Porre l’attenzione sulle qualità piuttosto che sui difetti (che, tra l’altro, sono sempre tali a nostro personale giudizio), dà energia alla naturale crescita del bambino o dell’altro con cui entriamo in relazione.
Evidenziare i lati negativi non porta a nulla di buono, caso mai costringe l’altro a mettersi sulla difensiva piuttosto che andare alla ricerca di ciò che di buono c’è in lui.
Non è che dobbiamo sempre essere positivi a tutti i costi ma abituarci a vedere anche questo lato migliore che tutti noi abbiamo (anche i bambini, i figli e gli altri in generale).
Insomma, bilanciamo le nostre percezioni: guardiamo pure ciò che non ci piace di nostro figlio o degli altri e, allo stesso tempo, notiamo anche ciò che di lui-di loro è funzionale, buono, efficace, costruttivo, conveniente, bello… Non ci sarebbe bisogno di violenza alcuna e il mondo stesso evolverebbe in meglio.

Ida Vanacore, fondatrice ed ideatrice creativa di unamammaperamica.
Lucia Attolico, psicologa e psicoterapeuta, specializzata in problematiche familiari nel rapporto tra genitori e figli, autrice di libri e programma formativi.